Nuove sostanze, nuove crisi e opportunità  - 30.03.14

“Il tema di fondo di questo scritto è che il rinnovamento dell'architettura che stiamo vivendo in questi ultimi anni e in cui questa rivista si inserisce, non è solo un fatto di gusto, di moda, di linguaggio ma che stanno affermandosi, appunto, nuove sostanze e con esse nuove crisi ed opportunità. Quando i nostri accademici attaccano gli aspetti pubblicitari, ludici, comunicativi, spettacolari, frammentari delle ricerche contemporanee a noi sembra riproporsi lo stesso equivoco e lo stesso paradosso della generazione Art nouveau a confronto dei rappresentanti della Neue Sachlichkeit. Apparentemente si attacca un'estetica, in realtà ci si oppone a una tensione al rinnovamento, al cambiamento, alla presa di coscienza di una diversa visione del mondo.” Nuove sostanze intese come l’affermazione di nuovi materiali, o anche nuovi modi di utilizzazione di una parte di suolo cittadino. Potremmo anche parlare di una miscelazione di più ambiti e aspetti lavorativi, progettuali, ricorrendo a tecniche che nel proprio ambiente di lavoro non sono mai state usate poiché ideate prettamente per uno scopo diverso; Il rinnovamento, l’arrivo di nuovi materiali è presente in tutti i campi lavorativi. Si prenda ad esempio l’utilizzo della fibra di carbonio, un tessuto formato da filamenti di grafite inventato nel 1958, la sua prima utilizzazione fu come barriera termica sulle navicelle spaziali, ad un prezzo esorbitante, oggi è quasi di comune utilizzo, dalle casse per gli orologi, ai telai per le bici da corsa. Questo per dire che oggi ci troviamo in un mondo ibrido, dove le barriere sono quasi del tutto abbattute, dove ognuno può attingere dalle idee, dall’utilizzo di materiali usati in n altro ambito. Ovviamente il concetto “nuove sostanze” non si ferma puramente ai materiali, ma va oltre, arrivando alla creazione di nuove idee, una ibridazione di concetti che sono stati sempre a contatto ma che non si sono mai fusi insieme. Una volta si parlava di architettura e paesaggio, dove spesso l’architettura calava con prepotenza sul territorio, oggi invece ci troviamo di fronte la greenline di new york dove verde e città non sono ancora del tutto fuse insieme, ma questo insinuarsi nella città è un modo per abbattere questa barriera ormai solo mentale. Se lasciassimo scorrere il tempo, la natura in non molto tempo riprenderebbe il sopravvento sulle città, sulle abitazioni isolate poi non ne parliamo, quindi l’idea è quella di accompagnare i due aspetti progettuali sullo stesso percorso. Questa idea ovviamente è applicabile anche ad un solo ambito per volta, come è già stato fatto d’altronde “Tourcoing - un'apparente conservazione di manufatti preesistenti che nei fatti inventa un nuovo spazio interstiziale tra una nuova copertura tettoia e i tetti preesistenti in una visione mediatica, multimediale fluidamente digitale di anfratti piranesiani.” (A. Saggio). Le città in tutto il mondo hanno un tessuto urbano in cui molte aree sono abbandonate, o semplicemente sono aree di “avanzo”. Sarebbe interessante riuscire a concentrare in queste aree dei progetti che non prevedano soltanto la realizzazione di una struttura, o l’inserimento di un progetto a se stante, ma la realizzazione di un progetto che unisca in qualche modo questo spazio vuoto al suo intorno, in modo che funzioni come aggregante, a più livelli, non solo di “facciata” ma anche funzionalmente, come ad esempio si potrebbe fare lungo la banchina del fiume Tevere, dove è presente una forte separazione tra la città e il fiume stesso, andando ad intervenire con un progetto che possa sfruttare quello spazio come è stato fatto nella città di Madrid, portare la città fino al fiume. Ma sono molti gli ambiti che possono fondersi con l’architettura, come dicevo nel mio articolo “marchio di fabbrica!” siamo già lontani dall’edifico inteso come macchina che deve solo funzionare, l’idea di edifico per comunicare, che manda informazioni è già reale e diffusa, e sfruttare il proprio modo di fare architettura per mandare un messaggio è il passo più interessante che un architetto possa fare, come ha fatto Daniel Libeskind, il suo tratto, il suo stile, spigoloso a volte, possa essere usato a suo vantaggio, o sfruttato per rappresentare uno “squarcio” nella città di Berlino, per creare, riprodurre un simbolo nel Museo-monumento all’Olocausto. Questo modo di fare architettura informando è stato preso alla lettera anche dal gruppo olandese MVRDV con il loro TeleTech call centre. In questo caso hanno sfruttato la tecnologia del QR codes, riproducendoli in facciata, qualsiasi persona in possesso di uno smartphone può scansionare ognuno dei qr codes ed accedere alle informazioni a cui essi rimandano. Essendo questa una tecnologia molto diffusa, si capisce presto il potenziale che si può sfruttare, si aprono in questo modo molti altri campi di interesse, come quello dell’ecologia, poiché io non ho più bisogno di stamparti i cartelloni informativi, o la guida a i nuovi eventi che si potrebbero tenere in un determinato posto. Con l’evolversi delle tecnologie è impensabile che non ci sia un evolversi anche del nostro campo, che possa riguardare i materiali, o l’intrecciarsi di più interessi lavorativi; e non bisogna vedere questo come una crisi, ma come una risorsa, perché potrebbe non sembrare in apparenza di pratico utilizzo, ma riadattarlo alle proprie esigenze, che siano esse strutturali o funzionali, potrebbe esprimere tutto il suo potenziale a nostro vantaggio.

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